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Author Topic: MMT e Bitcoin! (?!?)  (Read 2829 times)
ervalvola (OP)
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December 10, 2012, 09:20:17 AM
Last edit: December 10, 2012, 09:30:33 AM by ervalvola
 #21

Vi torna il discorso se mettiamo in relazione i primi 50 anni di repubblica italiana di sviluppo economico e inflazione galoppante?

Sinceramente no: il tasso di disoccupazione più basso si è registrato prima dell'inizio di quest'ultima lunga crisi (che ormai non so più se sia corretto chiamare crisi, dato che è un qualcosa di tutt'altro che momentaneo), ovvero attorno al 2007; fino a quel momento è stato tendenzialmente in calo, come del resto anche l'inflazione.

Quindi sicuramente negli anni '80 - '90 - primi 2000, inflazione e disoccupazione sono state parallele (entrambe in calo).

Ciao!

Occhio, i dati sull'occupazione italiana degli ultimi 10-12 anni sono drogati dai contratti precari... ci dovrebbe essere qualche statistica "normalizzata" ma non so se riesco a ritrovarla...
I disoccupati sono diminuiti in valore assoluto ma le ore "lavorate" non sono aumentate, e tantomeno i salari, che sono proprio diminuiti.


PS: non vorrei apparire troppo sicuro di me su questi argomenti; per me questa è conoscenza "in divenire" e a lungo ho pensato che l'inflazione fosse un problema da cui l'euro ci aveva protetti...


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mendoza
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December 10, 2012, 09:59:57 AM
 #22

Purtroppo secondo me ti stai fidando troppo delle conoscenze apprese all'università.
L'inflazione è l'aumento di massa monetaria e la conseguente svalutazione del valore della moneta rispetto a tutti gli altri beni.
Un effetto dell'inflazione è l'aumento generalizzato dei prezzi.... ma questo non è ne immediato e nemmeno facilmente calcolabile.
Ovviamente la propaganda statalista ha interesse a farci credere il contrario.
In ogni caso è abbastanza evidente che manipolando il paniere dei beni con cui calcoli l'indice dei prezzi puoi rapinare la popolazione in maniera più o meno invisibile.
Indicizzando ad esempio pensioni e salari con l'indice farlocco dell'istat puoi nella realtà diminuirli facendo fessi i sindacati (altro cancro della società)
L'euro ci ha difeso dall'inflazione per il semplice motivo che i politici italiani avrebbero continuato con la scellerata politica di svalutazione continua della moneta.
Se non ci fosse stato l'euro l'italia avrebbe avuto inflazione reale a due cifre in tutti questi anni e probabilmente la nostra situazione sarebbe come quella dell'argentina con il debito in dafault.
E l'euro non è affatto deflazionista... è solo "poco" inflazionista.
La deflazione è l'incubo di tutte le banche centrali.

La curva di phillips è un altro mito che non ha nulla a che fare con la realtà.

http://johnnycloaca.blogspot.com/2012/02/dieci-grandi-miti-economici-1.html

in particolare per la curva di phillips:

http://johnnycloaca.blogspot.it/2012/02/dieci-grandi-miti-economici-2.html

Quote
Mito 6: Esiste un compromesso tra disoccupazione ed inflazione.

Ogni volta che qualcuno chiede al governo di abbandonare le sue politiche inflazionistiche, economisti e politici dell'establishment avvertono che il risultato non può che essere una grave disoccupazione. Siamo in trappola, dunque, nel gioco tra inflazione e disoccupazione elevata, e veniamo persuasi che dobbiamo dunque accettare un pò di entrambe.

Questa dottrina è la posizione di ripiego dei Keynesiani. In origine, i Keynesiani ci hanno promesso che attraverso la manipolazione e la messa a punto dei deficit e della spesa pubblica, avrebbero potuto portare e ci avrebbe portato prosperità permanente e piena occupazione senza inflazione. Poi, quando l'inflazione è diventata cronica e sempre più grande, hanno cambiato la loro sintonia per mettere in guardia dal presunto compromesso, in modo da indebolire ogni pressione possibile sul governo per fermare la sua creazione inflazionistica di nuova moneta.

La dottrina del compromesso si basa sulla presunta "curva di Phillips", una curva inventata molti anni fa dall'economista Britannico A.W. Phillips. Phillips correlò gli aumenti del saggio salariale con la disoccupazione, e sostenne che le due cose si muovono in modo inversamente proporzionale: più alto è l'aumento dei salari, più bassa sarà la disoccupazione. Superficialmente, questa è una dottrina particolare, dal momento che viola la logica della teoria del senso comune. La teoria ci dice che più alto è il saggio salariale, maggiore sarà la disoccupazione, e viceversa. Se ognuno domani andasse dal proprio datore di lavoro ed insisterebbe per farsi raddoppiare o triplicare il salario, molti di noi sarebbero subito senza lavoro. Eppure questo risultato bizzarro è stato accettato come un vangelo dall'establishment economica Keynesiana.

Ormai, dovrebbe essere chiaro che questo dato statistico viola i fatti così come la logica. Nel corso degli anni '50, l'inflazione era solo di circa 1-2% l'anno e la disoccupazione si aggirava intorno al 3 o 4%, mentre in seguito la disoccupazione sarebbe oscillata tra 8 e 11%, e l'inflazione tra il 5 e il 13%. Negli ultimi due o tre decenni, in breve, sia l'inflazione sia la disoccupazione sono aumentate notevolmente e gravemente. Se non altro, abbiamo avuto una curva di Phillips inversa. C'è stato tutt'altro che un compromesso inflazione-disoccupazione.

Ma gli ideologi raramente lasciano il posto ai fatti, anche quando sostengono continuamente di "provare" le proprie teorie coi Fatti. Per salvare il concetto, hanno semplicemente concluso che la curva di Phillips è ancora un compresso tra inflazione-disoccupazione, tranne che la curva si è inspiegabilmente "spostata" verso una nuova serie di presunti compromessi. Su questo tipo di mentalità, ovviamente, nessuno potrebbe mai confutare una teoria.

In realtà, l'inflazione corrente, anche se riduce la disoccupazione nel breve periodo, inducendo i prezzi a scattare in avanti rispetto ai salari (e quindi riducendo i saggi salariali reali), creerà solo più disoccupazione nel lungo periodo. Alla fine, i salari raggiungeranno l'inflazione, e l'inflazione sulla sua scia porta inevitabilmente recessione e disoccupazione. Dopo oltre due decenni di inflazione, stiamo ora vivendo in quel "lungo periodo".

ervalvola (OP)
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December 10, 2012, 11:45:09 AM
 #23

Purtroppo secondo me ti stai fidando troppo delle conoscenze apprese all'università.

Io studio fisica teorica, ma who cares? ; )

L'inflazione è l'aumento di massa monetaria e la conseguente svalutazione del valore della moneta rispetto a tutti gli altri beni.
Un effetto dell'inflazione è l'aumento generalizzato dei prezzi.... ma questo non è ne immediato e nemmeno facilmente calcolabile.
Ovviamente la propaganda statalista ha interesse a farci credere il contrario.

Stai invertendo la definizione con il (presunto) effetto. L'inflazione è l'aumento dei prezzi (la diminuzione del valore della valuta), basta leggere qualsiasi libro di economia per verificarlo; in ultima analisi basta googlare "inflazione".
Il fatto di identificarla "a priori" con l'aumento di massa monetaria potrebbe indicare un approccio ideologico, non essendo confermata (e neppure identificata quantitativamete; nella migliore delle ipotesi è oggetto di dibattito) una relazione diretta tra i due fenomeni.

Indicizzando ad esempio pensioni e salari con l'indice farlocco dell'istat puoi nella realtà diminuirli facendo fessi i sindacati (altro cancro della società)

Sono daccordo sulla prima parte ma rinnego fortemente il brano in parentesi: definire i sindacati un cancro della società, mi spiace, è un altro approccio ideologico.

Se non ci fosse stato l'euro l'italia avrebbe avuto inflazione reale a due cifre in tutti questi anni e probabilmente la nostra situazione sarebbe come quella dell'argentina con il debito in dafault.

E perchè? Su quali basi lo affermi? L'italia aveva la bilancia dei pagamenti fortemente in attivo prima di entrare nell'euro e il saldo primario (non mi ricordo se si chiama così la differenza tra entrate e uscite dello stato al netto degli interessi sul debito pubblico) è in attivo tutt'ora.
Io m'informerò meglio sulle dottrine austriache, ma ti esorto a osservare il problema con un occhio un po' più aperto.

Analizziamo la citazione:

Quote
La dottrina del compromesso si basa sulla presunta "curva di Phillips", una curva inventata molti anni fa dall'economista Britannico A.W. Phillips. Phillips correlò gli aumenti del saggio salariale con la disoccupazione, e sostenne che le due cose si muovono in modo inversamente proporzionale: più alto è l'aumento dei salari, più bassa sarà la disoccupazione. Superficialmente, questa è una dottrina particolare, dal momento che viola la logica della teoria del senso comune. La teoria ci dice che più alto è il saggio salariale, maggiore sarà la disoccupazione, e viceversa. Se ognuno domani andasse dal proprio datore di lavoro ed insisterebbe per farsi raddoppiare o triplicare il salario, molti di noi sarebbero subito senza lavoro. Eppure questo risultato bizzarro è stato accettato come un vangelo dall'establishment economica Keynesiana.

A parte l'uso sconsiderato dei congiuntivi, l'argomentazione è proprio campata in aria:
1) bassa disoccupazione ---> maggiore potere contrattuale dei lavoratori ---> maggiori salari
Questa è la vera catena di causa ed effetto, non viceversa come sostiene "johnnycloaca".
Chiaramente, poi, potremmo scegliere di diminuire i salari per aumentare l'occupazione, ma a chi interessa lavorare di più per guadagnare di meno?
E a chi conviene?
A me sembra un'argomentazione pretestuosa, tutta a favore del capitale (aumenta il grado di produttività del capitale) a scapito dei lavoratori, fatta passare come verità economica, tecnica, a cui non ci si può opporre.
Tra l'altro a chi si vendono i prodotti se i lavoratori non hanno i soldi per acquistarli? Ecco la bella spirale recessiva innescata dal brillante ragionamento di Friedman-johnnycloaca. L'unico sbocco è l'esportazione verso paesi ricchi... il modello cinese, polacco, messicano... e italiano nel futuro prossimo venturo.
 E' esattamente quello che penso quando dico che da trent'anni a questa parte la dottrina neoliberista è vincente su tutti i fronti e ci sta rovinando.







jolly
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December 10, 2012, 01:54:04 PM
 #24

"L'italia aveva la bilancia dei pagamenti fortemente in attivo prima di entrare nell'euro e il saldo primario (non mi ricordo se si chiama così la differenza tra entrate e uscite dello stato al netto degli interessi sul debito pubblico) è in attivo tutt'ora."

quoto, non fatevi fregare, i gringo non hanno mai stampato come negli ultimi anni, e l'inflazione?
mendoza
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December 10, 2012, 10:43:55 PM
 #25

.....

Stai invertendo la definizione con il (presunto) effetto. L'inflazione è l'aumento dei prezzi (la diminuzione del valore della valuta), basta leggere qualsiasi libro di economia per verificarlo; in ultima analisi basta googlare "inflazione".
Il fatto di identificarla "a priori" con l'aumento di massa monetaria potrebbe indicare un approccio ideologico, non essendo confermata (e neppure identificata quantitativamete; nella migliore delle ipotesi è oggetto di dibattito) una relazione diretta tra i due fenomeni.


Credo che sia quasi inutile continuare a discutere, probabilmente non riesco a farmi capire io che ho un approccio ideologico.
In pratica io ti dico di non fidarti degli studi universitari e ti dico che l'inflazione è esattamente il contrario di quello che ti insegnano e tu invece mi dici che mi sbaglio perché inverto la causa con l'effetto e infatti mi dici di andarmi a cercare la definizione di inflazione da wikipedia o da qualsiasi testo di economia.
Lo so benissimo che cosa c'è scritto... e infatti ti ho già detto che è sbagliato (IMHO).
In pratica stiamo parlando due lingue differenti.
Prova ad usare la logica e butta al cesso i libri di economia.
Cerco di farmi aiutare con dei link perché non sono molto bravo a spiegare e a farmi capire. Faccio un altro tentativo:

Quote
3. Fallacie Comuni sull'Inflazione

L'inflazione è il processo di un grande aumento nella quantità di denaro in circolazione. Il suo principale motore nell'Europa continentale è l'emissione di banconote a corso legale non riscattabili. In questo paese l'inflazione consiste fondamentalmente nei prestiti al governo da parte delle banche ed anche nell'aumento della quantità di denaro cartaceo e di monete. Il governo finanzia la sua spesa a deficit con l'inflazione.

L'inflazione ha sempre come risultato una generale tendenza verso i prezzi al rialzo. Coloro nelle cui tasche fluisce la quantità di valuta addizionale sono in una posizione di espandere la propria domanda per beni e servizi. Una domanda addizionale deve, restando le altre cose uguali, aumentare i prezzi. Nessun sofisma e nessun sillogismo può scongiurare questa inevitabile conseguenza dell'inflazione.

La rivoluzione semantica che è una delle caratteristiche dei giorni nostri ha oscurato e confuso questo fatto. Il termine inflazione è usato con una nuova connotazione. Ciò che le persone oggi chiamano inflazione non è inflazione, per esempio, l'incremento della quantità di denaro e sostituti del denaro, ma l'aumento generale di prezzi e saggi salariali che sono l'inevitabile conseguenza dell'inflazione. Questa innovazione semantica è senza dubbio pericolosa.

Prima di tutto non c'è più alcun termine disponibile per indicare cosa l'inflazione soleva indicare. E' impossibile combattere un male che non può essere nominato. Statalisti e politici non hanno più l'opportunità di fare ricorso ad una terminologia accetata e compresa dalle persone quando vogliono descrivere la politica finanziaria a cui si oppongono. Devono entrare in un'analisi dettagliata ed in una descrizione di questa politica con pieni particolari e poche spiegazioni qualora ci si volessere riferire ad essa, e devono ripetere questa noiosa procedura in ogni discorso in cui hanno a che fare con qeusto soggetto. Visto che non si può nominare la politica che incrementa la quantità del mezzo di scambio in circolazione, gli và di lusso.

Il secondo comportamento pericoloso è che coloro impegnati nei tentativi futili e senza speranza di combattere le inevitabili conseguenze dell'inflazione — l'aumento dei prezzi — stanno mascherando i loro tentativi come lotta contro l'inflazione. Mentre combattono i sintomi, pretendono di combattere la radice che causa il male. E poichè non comprendono la relazione causale tra l'aumento del denaro in circolazione e l'espansione del credito da un lato e l'aumento dei prezzi dall'altro, praticamente peggiorano le cose.

Il miglior esempio è fornito dai sussidi. Come è stato sottolineato il tetto dei prezzi riduce l'offerta perchè la produzione comporta una perdita per i produttori marginali. Per impedire questo risultato i governi spesso garantiscono sussidi ai contadini che operano con i costi più alti. Questi sussidi sono finanziati dall'espansione del credito addizionale. Quindi essi causano l'incremento della pressione inflazionistica. Se i consumatori dovessero pagare prezzi più alti per i prodotti interessati, nessun effetto inflazionistico ne emergerebbe. I consumatori dovrebbero usare per tali pagamenti supplementari solo denaro che era già stato messo in circolazione. Così la presunta idea brillante di combattere l'inflazione con i sussidi causa di fatto più inflazione.

Faccio presente che questa come l'altra sono citazioni da testi tradotti in maniera volontaria e gratuita da alcuni ragazzi che stanno facendo un mirabile lavoro per far conoscere il pensiero di grandi economisti boicottati dal "sistema" e quindi difficilmente trovabili tradotti in italiano. (visto che ti sei lamentato dei congiuntivi)

questo testo è preso da http://johnnycloaca.blogspot.it/2011/02/inflazione-e-controllo-dei-prezzi.html

Il discorso sui sindacati meriterebbe ovviamente un approfondimento ulteriore magari in altro post. Mi limito solo a far presente che i sindacati proteggono chi ha già il lavoro ponendo barriere ai salari verso il basso causando di conseguenza maggiore disoccupazione. Inoltre bloccano i salari verso l'alto ostacolando i lavoratori più bravi e volenterosi.
Questa non è ideologia, questi sono fatti acclarati.

Per il resto: accostare Friedman ad un testo di Rothbard mi appare abbastanza illuminante.
L'unica cosa che posso dirti è di provare a leggere la parte introduttiva sulla scuola austriaca sul sito del mises italia (http://vonmises.it/principiante/)
Io non potrei mai spigarti meglio perché quello che sostieni non è reale. Non ho proprio gli strumenti dialettici necessari.




ervalvola (OP)
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December 13, 2012, 11:27:42 PM
 #26

Incuriosito dalla questione "semantica", qualche giorno addietro ho provato a fare una ricerca più approfondita sull'inflazione.
A quanto pare c'è una divergenza di opinioni sul significato del termine, tra la scuola austriaca e il resto del mondo. Ora, arrogarsi la paternità della definizione (da parte di chiunque) mi pare un po' esagerato, essendo "inflazione" una parola di etimologia latina che significa "rigonfiamento" o giù di li e quindi va bene sia per il "prezzo" dei beni sia per la massa monetaria. Non voglio dunque entrare nel merito della diatriba diciamo... "lessicale".
Quello che però preme di più ad una persona normale (e quello che intende il 90% delle persone) quando si parla di inflazione è il rialzo dei prezzi. L'aumento della massa monetaria (gestito secondo regole democratiche) in se non può essere considerato un problema se non è, appunto, collegato al rincaro dei beni (e su questo collegamento, sui suoi modi, c'è quantomeno una questione aperta). Proprio per questo la "fusione" dei significati in un unica parola mi puzza di propaganda.


Mi spiace che tu non abbia più voglia di sostenere la discussione perchè mi sembrava molto stimolante. Generalmente quando si parla di economia lo si fa sempre per riferimenti a totem culturali, senza poter entrare nel merito delle questioni e analizzarle logicamente, soprattutto tra persone non esperte. Questo è un grosso problema, visto che dovremmo tutti sforzarci di ragionare e non delegare a nessuno la propria comprensione della realtà (non mi riferisco a te, è un discorso generale).

Però, se hai voglia di rispondermi un'ultima volta, mi è rimasta una curiosità: cosa ti fa pensare che gli economisti di cui parli siano "boicottati dal sistema"?

Probabilmente c'è qualcosa che ignoro ma a quanto ne so io i Chicago Boys han fatto la politica economica di tutto il centro-sudamerica negli ultimi 30 anni, gente che viene da quell'orientamento ha gestito la transizione alla democrazia di tutti gli ex-satelliti urss, la stessa unione europea è stata edificata come santuario dell'iperliberismo e, ciliegina sulla torta, il caro Mario Monti (http://www3.varesenews.it/lombardia/articolo.php?id=30993) è stato premiato dalla "Hayek Foundation" di Friburgo, succedendo a Margaret Thatcher tra gli altri...

PS: per ricollegarmi a qualche post addietro, è vero che l'UE è piena di regole, ma solo per le piccole imprese. Le multinazionali hanno libertà assoluta (mentre noi abbiamo le quote latte e le arance siciliane vanno al macero, l'Italia è ancora multata per aver messo il veto sulla carne americana agli ormoni) e grazie alla dislocazione internazionale delle sedi imposizione fiscale praticamente ridicola.
mendoza
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December 14, 2012, 08:19:11 AM
 #27

Incuriosito dalla questione "semantica", qualche giorno addietro ho provato a fare una ricerca più approfondita sull'inflazione.
A quanto pare c'è una divergenza di opinioni sul significato del termine, tra la scuola austriaca e il resto del mondo. Ora, arrogarsi la paternità della definizione (da parte di chiunque) mi pare un po' esagerato, essendo "inflazione" una parola di etimologia latina che significa "rigonfiamento" o giù di li e quindi va bene sia per il "prezzo" dei beni sia per la massa monetaria. Non voglio dunque entrare nel merito della diatriba diciamo... "lessicale".
Quello che però preme di più ad una persona normale (e quello che intende il 90% delle persone) quando si parla di inflazione è il rialzo dei prezzi. L'aumento della massa monetaria (gestito secondo regole democratiche) in se non può essere considerato un problema se non è, appunto, collegato al rincaro dei beni (e su questo collegamento, sui suoi modi, c'è quantomeno una questione aperta). Proprio per questo la "fusione" dei significati in un unica parola mi puzza di propaganda.

In realtà da quello che ho scoperto io è che la definizione è stata modificata nel tempo. Storicamente in passato era quella intesa dalla scuola austriaca (non perché l'avessero inventato loro)... col passare del tempo e nell'interesse della propaganda statalista è stato modificato. Il meccanismo è spiegato molto bene in 1984 di orwell. (vedi "neolingua")

Mi spiace che tu non abbia più voglia di sostenere la discussione perchè mi sembrava molto stimolante. Generalmente quando si parla di economia lo si fa sempre per riferimenti a totem culturali, senza poter entrare nel merito delle questioni e analizzarle logicamente, soprattutto tra persone non esperte. Questo è un grosso problema, visto che dovremmo tutti sforzarci di ragionare e non delegare a nessuno la propria comprensione della realtà (non mi riferisco a te, è un discorso generale).

Però, se hai voglia di rispondermi un'ultima volta, mi è rimasta una curiosità: cosa ti fa pensare che gli economisti di cui parli siano "boicottati dal sistema"?

Probabilmente c'è qualcosa che ignoro ma a quanto ne so io i Chicago Boys han fatto la politica economica di tutto il centro-sudamerica negli ultimi 30 anni, gente che viene da quell'orientamento ha gestito la transizione alla democrazia di tutti gli ex-satelliti urss, la stessa unione europea è stata edificata come santuario dell'iperliberismo e, ciliegina sulla torta, il caro Mario Monti (http://www3.varesenews.it/lombardia/articolo.php?id=30993) è stato premiato dalla "Hayek Foundation" di Friburgo, succedendo a Margaret Thatcher tra gli altri...

Ecco il malinteso... i chicago boys non fanno parte della scuola austriaca.... infatti si parla di scuola di chicago

http://vonmises.it/2012/05/22/la-scuola-austriaca-e-la-scuola-di-chicago/

Nessuno stato seguirebbe le tesi della scuola austriaca perché vanno contro gli interessi dell'apparato statale.

PS: per ricollegarmi a qualche post addietro, è vero che l'UE è piena di regole, ma solo per le piccole imprese. Le multinazionali hanno libertà assoluta (mentre noi abbiamo le quote latte e le arance siciliane vanno al macero, l'Italia è ancora multata per aver messo il veto sulla carne americana agli ormoni) e grazie alla dislocazione internazionale delle sedi imposizione fiscale praticamente ridicola.

Secondo me sbagli: anche le grandi multinazionali hanno a che fare con una foresta di leggi, ma il loro potere economico gli permette di volgerle a proprio favore corrompendo o semplicemente raggirando gli stupidi burocrati.  Anzi quella foresta di leggi gli permette di ostacolare la concorrenza, ponendo barriere d'ingresso formidabili.
Altro che libero mercato.
Il fatto di essere multinazionali gli dà il vantaggio di poter abbattere la propria spesa fiscale, ma le cose stanno cambiando.
Stanno cominciando ad abbandonare l'Irlanda (dove hanno sede per poter vendere in europa e pagare meno tasse) proprio per la crescente ostilità degli altri paesi europei (in particolare Francia, Germania e Gran Bretagna) che evidentemente non amano molto la concorrenza fiscale.
Così il progetto della unione delle repubbliche socialiste europee può proseguire: aumentiamo le barriere per tenere lontano la concorrenza "straniera" e buttiamo al cesso le lezioni di Bastiat.
Tutto a vantaggio dei consumatori e del popolo, ovviamente.
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December 14, 2012, 12:36:15 PM
 #28

Quote
Sugli argomenti caratteristici come il salario minimo, le tariffe, o lo stimolo della spesa del governo, gli economisti Austriaci e quelli della Scuola di Chicago possono essere tranquillamente accumunati come economisti di “libero mercato”. Tuttavia sul denaro e in altre aree — in particolare argomenti di pura teoria economica — le due scuole sono completamente differenti. Da economista Austriaco, incoraggerei i fan del libero mercato che conoscono solo Friedman ad aggiungere alle loro letture Ludwig von Mises e Murray Rothbard.

Vediamo se ho capito: ci sono delle differenze in campo epistemologico, mentre per quanto riguarda la politica economica c'è grande accordo eccetto che su un tema sostanziale come la teoria del denaro.
Ma allora, per esempio, l'aggancio del peso al dollaro è molto più Austriaco che Friedmaniano Cheesy

Ma comunque, potremmo concordare sul fatto che le politiche europee recenti sono se non Von Misesiane, perlomeno moltò più "Hayek e Friedman" che "Keynes"...

(anche i QE di Bernanke non sono affatto keynesiani per come sono stati concepiti; lo è stato, e molto, il finanziamento alle guerre in Iraq e Afghanistan, a mio modo di vedere)


Nessuno stato seguirebbe le tesi della scuola austriaca perché vanno contro gli interessi dell'apparato statale.

A meno che i politici non siano corrotti Cheesy


PS: sulla "neolingua" occhio che il ragionamento potrebbe essere ribaltato...
mendoza
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December 14, 2012, 06:10:29 PM
 #29

....
Vediamo se ho capito: ci sono delle differenze in campo epistemologico, mentre per quanto riguarda la politica economica c'è grande accordo eccetto che su un tema sostanziale come la teoria del denaro.
Ma allora, per esempio, l'aggancio del peso al dollaro è molto più Austriaco che Friedmaniano Cheesy

Non penso che le "politiche economiche" possano prescindere dalle scelte di politica monetaria.
E poi in realtà friedman ad esempio era favorevole ad un salario minimo, mentre gli economisti austriaci no (oltre ad una limitazione della libertà, aumenterebbe la disoccupazione)


Ma comunque, potremmo concordare sul fatto che le politiche europee recenti sono se non Von Misesiane, perlomeno moltò più "Hayek e Friedman" che "Keynes"...

(anche i QE di Bernanke non sono affatto keynesiani per come sono stati concepiti; lo è stato, e molto, il finanziamento alle guerre in Iraq e Afghanistan, a mio modo di vedere)

E per fortuna non sono state sufficientemente keynesiane... per i Keynesiani non esiste limite allo stimolo e alla stampa di moneta... Keynes e i suoi seguaci (ad esempio Paul Krugman) porterebbero alla totale annichilazione della società con le loro folli teorie... ma siamo sulla buona strada.

Quote

Nessuno stato seguirebbe le tesi della scuola austriaca perché vanno contro gli interessi dell'apparato statale.

A meno che i politici non siano corrotti Cheesy


Ma invece è proprio perché lo sono. Con le politiche austriache non potrebbero stampare moneta per fare debito.. non potrebbero rapinare le generazioni future come hanno fatto finora. Ho il sospetto che tu non abbia ancora capito molto bene le teorie austriache.

Quote

PS: sulla "neolingua" occhio che il ragionamento potrebbe essere ribaltato...


Mi pare invece che nel caso sia molto pertinente. Si è invertita la causa con l'effetto.
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December 15, 2012, 10:46:38 AM
Last edit: December 16, 2012, 12:49:48 PM by ervalvola
 #30

Non penso che le "politiche economiche" possano prescindere dalle scelte di politica monetaria.
E poi in realtà friedman ad esempio era favorevole ad un salario minimo, mentre gli economisti austriaci no (oltre ad una limitazione della libertà, aumenterebbe la disoccupazione)

No ma infatti avevo scritto "sostanziale". Però non è mica l'unico aspetto della politica economica, ci sono anche la gestione dei servizi (sanità, istruzione etc), la regolamentazione del lavoro, politica fiscale, la visione dei sindacati etc etc. In cui Chicago e Vienna mi pare siano molto più vicini di quanto non lo siano geograficamente.

per i Keynesiani non esiste limite allo stimolo e alla stampa di moneta...

Questo non è vero. Lo "stimolo" della spesa pubblica è solo uno strumento ed esistono limiti legati soprattutto al vincolo estero e all'opportunità di sviluppare politiche procicliche o no, a seconda delle occasioni. Sta di fatto che la crisi del '29 è stata superata più velocemente di quella del 2008 con politiche Keynesiane, l'intero Piano Marshall è di matrice Keynesiana. etc etc.

... Con le politiche austriache non potrebbero stampare moneta per fare debito.. non potrebbero rapinare le generazioni future come hanno fatto finora. Ho il sospetto che tu non abbia ancora capito molto bene le teorie austriache.

E' questo l'argomento più interessante!!! Se ti va parliamone...
Quello che mi sento sicuro di poter dire è che la moneta non si stampa per fare debito, casomai per ripagarlo... è tutto l'opposto!
Teniamo presente che la moneta oggi lo stato non la stampa più, e quindi l'eccesso di spesa pubblica si che si paga con un debito contratto dallo stato nei confronti del capitale privato, che prima o poi bisognerà saldare. Ma se la Banca Centrale fosse del ministero del Tesoro, com'è stata fino al 1981 (la sua gestione almeno) lo stato potrebbe scegliere se finanziarsi tramite il mercato oppure tramite la Banca Centrale stampando moneta. Questo meccanismo consente di decidere il tasso d'interesse sui titoli pubblici (e quindi a cascata il tasso d'interesse su tutti i prestiti, mutui etc... in pratica il costo del denaro), che oggi viene dettato dagli speculatori secondo la propria convenienza!
IL debito contratto con la Banca Centrale non è una rapina nei confronti delle generazioni future, lo paghi nell'immediato (in che misura è tutto da studiare) con un po' d'inflazione...
Io ancora devo leggere della scuola austriaca, senza dubbio, ma possiamo ragionare assieme, senza riferirci ad altri economisti, sui dati di fatto, sui meccanismi di emissione monetaria e di contrazione del debito che sono regolati da leggi, sono oggettivi, e non teorie logico-deduttive!


PS: sulla "neolingua" è meglio lasciar perdere, è chiaro che abbiamo due visioni opposte della questione, secondo me la fusione tra causa ed effetto è strumentale ; )
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May 23, 2022, 05:15:16 PM
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 #31

Leggendo la discussione. Penso che sarebbe interessante avere un aggiornamento da ervalvola. Soprattutto se in questi dieci anni egli abbia avuto il tempo di approfondire il pensiero degli economisti di scuola austriaca.

Mi permetto d'aggiungere un tema pertinente, ma non trattato nella discussione, che è la teoria quantitativa della moneta. Un'analisi interessante al riguardo: https://opensiuc.lib.siu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1921&context=gs_rp
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May 25, 2022, 09:46:49 AM
 #32

una moneta istituzionale serve ma non deve essere imposta serve liberta di scelta quindi anche alternative crypto? oro? crediti? ma sopratutto la dipendenza totale dalle banche deve finire
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May 25, 2022, 05:48:03 PM
 #33

Leggendo la discussione. Penso che sarebbe interessante avere un aggiornamento da ervalvola. Soprattutto se in questi dieci anni egli abbia avuto il tempo di approfondire il pensiero degli economisti di scuola austriaca.

Mi permetto d'aggiungere un tema pertinente, ma non trattato nella discussione, che è la teoria quantitativa della moneta. Un'analisi interessante al riguardo: https://opensiuc.lib.siu.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1921&context=gs_rp


Complimenti. Probabilmente vincerai un premio per il up! del thread più vecchio del forum.
Credo che quasi nessuno degli utenti qui menzionati siano più attivi (ho visto di recente @stemby), ma non so se fosse una fugace apparizione.


Comunque si, l'argomento è ancora attuale date le attuali politiche delle banche centrali, che, di fatto, stanno monetizzando il debito.
Anche se ora (a parole) vorrebbero farci credere di voler invertire la rotta.

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