Quando una cosa deve nascere e non è ancora una cosa commercialmente profittevole...
ci deve essere qualcuno che ti finanzia il progetto, prevedendo poi ritorni futuri.
Siamo nell'area crowdfunding, venture capital, ecc...
La domanda nasce spontanea nel mondo "
blockchain", ma
chi lo fa lo stipendio a tutti quei volti sorridenti ?
Saggezza popolare ci racconta che...
i mesi son fitti...
Molti progetti rimangono un po' un mistero... l'impressione è che quasi tutto parta, direttamente o indirettamente, dalle commissioni che generano gli exchange, gli exchange più che con gli "
hodler" guadagnano con i "
trader"... il trading sulle criptovalute, attualmente, quasi tutto speculazione pura,
siamo più vicini al gioco delle roulette e allo scambio di figurine che ad un progetto.
Quando sento parlare di "
asset digitali", ancora mi domando quali siano, è un termine che da una
veste finanziaria, una veste istituzionale, a qualcosa che ancora non ne ha.
È la stessa sensazione che ho quando sento parlare di "
asset immobiliari" da parte di quei proprietari d'immobili che hanno 4/5 o più appartamenti, ma estremamente ordinari, quelli costruiti fra il 1960/1980, "
palazzinari" style (
N.B. quelli che fra 30/40 anni, finito di pagare il mutuo, saranno da abbattere o da restaurare pesantemente, per problemi strutturali e/o per adeguarli a norme, classi energetiche e/o per adeguarli al mercato che sfornerà immobili di nuova concezione ).
Per non parlare di quelli che negli anni '60/'70 si erano buttati sull'acquisto di fondi commerciali, avete presente quei fondi sotto i palazzi nelle prima cintura di periferia...? Quelli che una volta ospitavano i negozi di quartiere, quelli che ora sono sfitti o trasformati in mini-appartamenti o bilocali...
Pensavo che "
asset immobiliari" fossero cose tipo alcuni grattacieli a Manhattan o a Singapore, completamente affittati, tra grandi uffici, hotel, ristoranti... un palazzo storico in centro a Venenzia uso resort...
un centro congressi a Roma... le quote di una società che gestisce aeroporti...
Ad ogni modo, Bitcoin, il mondo cripto, che concettualmente vorrebbe smarcarsi, porsi come radicale ( se non unica ) alternativa, al cattivo mondo finanziario tradizionale, fatto di carta, valori finti, e speculazione...
si sta finanziando direttamente o indirettamente con le commissioni di trading, e/o di cambio.
Con la fine del mining puro, tutto il sistema dovrà vivere di fee, commissioni, servizi vari.Ogni rete, ogni sistema, deve trovare una propria autonomia finanziaria:
Amazon per molto tempo è stato in perdita oggi vende, commercia a tutto tondo;
Alphabet con i due alfieri Google e YouTube vende pubblicità, annunci, dati, visibilità...
La sfera di Facebook, fra pubblicità, raccolta dati, si sostiene...
Il bar sotto casa, vende caffè, prodotti di pasticceria e sigarette...
Tutti questi progetti blockchain, "
criptocosi"...? ho l'impressione che siamo vicini al momento della verità.
o tanti progetti trovano una via di utilità o saranno destinati a seccarsi finiti i finanziamenti.
Probabilmente non è rimasto molto per capire che direzione ci sarà da prendere, dopo l'uscita mediatica del 2017 verso la massa, in tre anni, si dovrebbe capire il destino di molti soggetti.
Sono generalmente d'accordo, tranne che sulla parte in grassetto.
Quando si parla di "progetti" su cui investire nel mondo cripto, si parla di almeno tre gruppi differenti:
1)
Le criptovalute prettamente dette. Cioè dei token digitali che viaggiano su una rete pubblica, aperta ma soprattutto decentralizzata.
Progetti che non hanno una testa, una guida, un capo, un business plan, una divisione marketing, una progettazione, un soggetto emettitore e/o organizzatore.
E che per questo si avvicinano molto di più al concetto di "protocollo" che a quello di "prodotto".
Che hanno insito nel loro DNA un sistema di incentivi economici volti al mantenimento della struttura esistente e alla resistenza al cambiamento, il contrario di ogni prodotto o servizio che si rispetti, che invece deve essere innovativo e trendy.
E che, altra caratteristica fondamentale, vengono create mediante un'attività di mining (diverso dalla semplice validazione), senza cioè una pre-emissione o un'offerta di acquisto.
Per questo molto più vicine al concetto tradizionale di
commodity che a quello di
asset o
security2)
I token digitali che , pur basandosi su una blockchain, non hanno le caratteristiche di cui sopra.
Token centralizzati che vengono emessi da una società o da un soggetto ben identificato e che si configurano come forme di investimento, legate ad una serie di risultati (=promesse) futuri.
Tu, investitore, mi presti i tuoi soldi e io, soggetto emettitore, creo dal nulla un token su cui prometto favolose rivalutazioni in termini di valore.
Una specie di titoli azionari, ma in salsa blockchain e senza regolamentazione.
Quindi molto più simili a delle security.
L'esempio tipico è rappresentato dalle ICO., per le quali sarei molto più cattivo di quanto sei stato tu: non servono anni per capire che fine faranno questi "progetti".
Quasi il 90% di essi è oggi sotto il prezzo di lancio. Si è trattato di truffe o schemi piramidali nella maggior parte dei casi o comunque di tipici esempi dove il marketing ha saputo esaltare pochi pregi e nascondere enormi magagne. Il verdetto di quasi totale fallimento può essere già tirato oggi, non serve altro tempo.
3)
Le aziende, classiche, che erogano dei servizi sui token del gruppo 1 o del gruppo 2 (o entrambi).
Quindi exchange ma non solo: wallet, payment processor, sviluppo di basso livello, fornitori di applicazioni...etc...etc
La differenza fra 1 o 2 è una differenza fatta di sfumature: ad esempio la seconda e terza crypto per market cap (Ethereum e Ripple ) hanno caratteristiche sia del gruppo 1 che del gruppo 2 (perchè hanno vari gradi di centralizzazione, assenza di mining inteso come lavoro/attività e/o pre-emissione).
Con un'interpretazione un pò massimalista si potrebbe dire che solo bitcoin rientra a pieno titolo nel gruppo 1.
In questo senso possiamo dire che bitcoin essendo un protocollo/commodity e non un titolo/token centralizzato/azienda, non ha bisogno di finanziarsi in nessun modo.
In effetti bitcoin è l'unico progetto "cripto" esistente e mai esistito che quando è nato non valeva assolutamente nulla e che per anni, dopo la sua nascita, ha continuato a non avere alcun valore economico.
E, ciò nonostante, funzionava esattamente come adesso. Il mining funzionava, la rete funzionava, il wallet funzionava.
Semplicemente perchè bitcoin, a differenza del 99.9% dei restanti progetti crypto, ha, fin dall'inizio, mantenuto tutte le promesse che ha fatto.
Se uno non sapesse cosa è bitcoin e si affidasse all'unico documento "ufficiale" che esiste, cioè il whitepaper, scoprirebbe che bitcoin, nelle intenzioni del suo ideatore, è solo e soltanto contante digitale: digital cash.
Un contante digitale peer-to-peer per lo scambio diretto tra due soggetti in modo tale che il token non possa essere falsificato, duplicato o doppio-speso.
"Tutto" qui, né più né meno.
Dal momento del suo lancio fino ad oggi, tutto ciò che è contenuto nel WP di Satoshi è stato perfettamente mantenuto, senza bisogno di alcun pre-finanziamento, di alcuna ICO, di alcun ufficio marketing.
Senza alcun costoso e roboante annuncio che promettesse chissà quali ritorni.
Bitcoin non è mai stato, nelle intenzioni iniziali, una forma di investimento. Lo è diventato nel tempo perchè le sue qualità hanno attirato una domanda e la conseguente nascita di un valore economico ha attirato la speculazione.
Per cui dall'iniziale idea di MOE si è passati a quella di SOV e di commodity speculativa.
Ma queste due forme di utilizzo non sono essenziali alla sua sopravvivenza.
Quando, tra diversi anni, il mining vivrà solo di fees (che sono cosa ben diversa dalle fees degli exchange), se le fees non avranno un valore economico tale da sostenere l'attuale hashrate, la sicurezza della rete diminuirà.
Poco male: già oggi btc è ipersicuro. Basti pensare che la rete è oggi quasi 3 volte e mezzo più sicura di quando il prezzo toccò il suo massimo.
Il meccanismo della difficoltà di mining verso l'alto garantisce un adeguamento della sicurezza in relazione al valore da proteggere: il mining è come una cassaforte che diventa automaticamente più sicura al crescere del valore di ciò che vi è contenuto dentro.
Ma quando il valore decresce tale adeguamento non è così automatico per una serie di ragioni (la principale è che i miner continuano a minare se hanno un utile marginale anche se tale utile non è sufficiente a rientrare dell'investimento fatto).
In ogni caso se il valore dovesse per assurdo tornare a zero la difficoltà crollerebbe e il mining tornerebbe ad essere un'attività hobbistica come era agli inizi. Uno scenario che non accadrà mai, fin quando btc avrà valore economico.
Può essere importante anche il ruolo delle aziende (gruppo 3) che hanno costruito un business "sopra" bitcoin: esse potranno avere interesse a sostenere il mining (anche in caso di antieconomicità) per il vantaggio indiretto che traggono da un btc più sicuro per il loro modello di business.
E' una situazione tipica del rapporto tra aziende e progetti aperti.
Ad esempio ogni anno Google fa donazioni milionarie a Wikipedia senza averne alcun ritorno economico diretto. Lo fa perchè in questo modo ne ha un beneficio di immagine, donando soldi ad un encicolpedia gratuita usatissima. Ma lo fa soprattutto perchè sa che più tempo le persone passano sul Web e su wikipedia, più è probabile che finiscano per usare qualche servizio di Big G. Un piccolo costo diretto per avere un enorme vantaggio economico indiretto.
Altro esempio è il supporto economico che alcuni big dell'elettronica (Intel, AMD, Nvidia...) danno allo sviluppo di Linux.